COVID-19 e salute psichica

Vediamo in tv, nei film, nelle pubblicità, immagini di persone che entrano in contatto tra loro. Si abbracciano, stanno vicine, si danno la mano.. E subito, dentro di noi, sentiamo una sorta di nostalgia, di vuoto. Un’emozione che, se l’ascoltiamo bene, ci ricorda che siamo feriti.

Una pandemia ha bruscamente fermato ogni nostra attività e abitudine. Ci ha costretto a confrontarci con un turbinio di emozioni negative: la paura del contagio, l’ansia per l’incertezza verso il futuro, la tristezza per i tanti decessi, per chi non ce l’ha fatta, la frustrazione e la rabbia per non poter continuare a lavorare, ad incontrarci con persone care, amici..

Quello che stiamo vivendo si configura come un’esperienza traumatica, (trauma dal greco significa ‘ferita’) ovvero qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un forte impatto negativo sulle persone che lo vivono.

Quello che sta succedendo minaccia la nostra integrità fisica o quella di persone a noi care. Inoltre le immagini di quanto sta accadendo nel mondo sono sotto gli occhi di tutti, riguardano ognuno di noi e ci coinvolgono come comunità.

Possiamo definire la condizione che stiamo vivendo in queste settimane come “pre-traumatica”, una condizione cioè che potrebbe preparare il terreno allo sviluppo di una traumatizzazione psicologica. 

Ma non tutti reagiamo allo stesso modo a quello che sta accadendo. Per ognuno di noi entrano in gioco fattori diversi. C’è chi si è ammalato e ha temuto per la propria vita e c’è chi ha perso delle persone care senza potergli stare a fianco o organizzare un funerale. C’è chi ha soccorso chi stava male, chi ha rischiato in prima persona ed ha assistito a così tanta sofferenza sentendosi impotente. C’è chi, stando a casa, è costretto a confrontarsi con sé stesso, con la solitudine, con le proprie vulnerabilità e c’è chi, in casa, vive situazioni di violenza e stress quotidiane, da sempre. C’è anche chi in questa circostanza ha riscoperto aspetti positivi e nuovi ritmi o chi, invece di perdere il lavoro, lo sta trovando.  

La gravità oggettiva della situazione è uno dei fattori che determina l’effetto del trauma sulla psiche. Oltre a questo dobbiamo tenere conto dei fattori personali: infatti ognuno affronta ciò che accade con le proprie risorse e con un proprio repertorio di strategie. 

Nella maggior parte dei casi la nostra mente è in grado di rielaborare il trauma in modo autonomo e, dopo un’iniziale momento di stress, riesce a sanare la propria ferita. Alcune volte è possibile riconquistare un equilibrio anche migliore di prima. 

Per altre persone invece non è così facile. Possono comparire irritazione, umore depresso, ansia, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno fino, nei casi più gravi, ad attacchi di panico, immagini intrusive, evitamento di ricordi e stimoli collegati al trauma e flashback (ovvero rivivere scene passate come se fossero nel presente). 

Quando subiamo eventi traumatici le nostre risorse non bastano perché il trauma le disattiva, le rende non disponibili. Le persone si ritrovano a vivere distaccate dal presente, bloccate in un circolo vizioso di emozioni negative.  

In questi casi, l’EMDR è considerato il metodo psicoterapeutico più efficace per la rielaborazione dei traumi. In cosa consiste?

Il metodo EMDR  Eye Movement Desensitization and Reprocessing – consente nel riattivare meccanismi mentali di “autoguarigione” che permettono di “digerire” il trauma subito. È la nostra stessa mente che, attraverso la stimolazione bilaterale, recupera le proprie risorse e le impiega per sanare la ferita interiore. 

È importante occuparci della nostra salute psichica in questo particolare momento e non sottovalutare la portata di quello che stiamo vivendo. Dobbiamo dare importanza a quello che sentiamo, a come ci comportiamo, ai segnali del nostro corpo. E quando ci rendiamo conto che facciamo fatica ad accettare quello che ci sta accadendo non esitiamo a chiedere un sostegno e un supporto. 

Dott.ssa Irene Mangini
Terapeuta EMDR

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